Dati in mente

Riusabilità sw/dati

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La riusabilità concerne la capacità di un oggetto di essere riusato facilmente. Ovviamente, più un oggetto è usabile, più sarà anche riusabile. Progettare per la riusabilità è un’attività preventiva che si basa su specifici criteri, dipendenti dal contesto d’uso.
Il riuso invece è l’effettivo re-impiego, che può effettuarsi con o senza modifica dell’oggetto in questione (Cfr. D. Natale, “Qualità e quantità nei sistemi software”, FrancoAngeli, 1995, pag. 85-91). Il riuso può riguardare non solo software, ma anche dati, standard, modelli, conoscenze, esperienze.

Il riuso potrebbe assomigliare ad un riciclo, ad una economia circolare.

Dispositivo di riciclo e recupero (Scuola di Montreal)


Il software riusabile dovrebbe soddisfare almeno in parte le caratteristiche di qualità previste dallo standard ISO/IEC 25010 del 2011 “System and software quality models”.

“Tra le difficoltà di diffusione di una mentalità orientata alla riusabilità va menzionata la elevata propensione nel mondo del software a rifare cose esistenti anche al fine di migliorarle”. Ad esempio di parla in questo caso anche della sindrome NIH (“Not Invented Here”), cioè a non apprezzare, anche quando è possibile e lecito, quello che è stato inventato da altri (Cfr. D.N. op.cit. pag. 90).

Certamente la grande diffusione di linguaggi non ad oggetti, come il Cobol, ha influenzato nei primi decenni dell’informatica un certo tipo di riusabilità, cambiata nell’epoca dei web services, xml, open source, ecc.

Nel campo dell’Ingegneria del software ci si è concentrati per anni sul tema della riusabilità e del riuso del codice sorgente (o parte di esso), trascurando anche quello relativo ai dati ed alle banche dati (Cfr. D.N. op.cit. pag. 88). Il termine Open data, discorso ancora aperto, è apparso solo negli ultimi anni e spinge verso la "riusabilità dei dati".

Quest’ultimo è l’interesse del momento. Le produzioni verticali (a silos) che hanno caratterizzato i sistemi informativi negli ultimi cinquant’anni stanno lasciando il posto, non senza difficoltà, a concezioni orizzontali di banche dati “shared” fra più sistemi. Sta iniziando il periodo infatti della integrazione dei sistemi e della interoperabilità di applicazioni, con dati standardizzati nella forma e nel contenuto. Ciò riguarda specialmente i dati pubblici, amministrativi e critici di interesse nazionale, come ad esempio quelli per i quali si raccomanda il massimo livello di qualità (Cfr. Determinazione Commissariale n. 68/2013 dell’Agenzia per l’Italia Digitale).

Il Cloud computing, risolti i problemi di sicurezza e riservatezza, consentirà un’accelerazione in tale prospettiva, con un aumento del livello di qualità dei servizi, pubblici o privati, e della soddisfazione dell’utente.

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